sabato 25 ottobre 2008

Concerto a Firenze


Articolo sull'orchestra G. da Cascia in occasione del concerto a Firenze in piazza della Signoria.


martedì 21 ottobre 2008

Scusi, posso sedermi sui bordi dell'Universo?

Sulla rivista britannica "Nature" si legge che la Teoria della Relatività di Einstein sarebbe sbagliata. Non è vero, precisa l'astronomo Tom Shanks, che l'Universo è curvo e finito. È vero, al contrario, che si espande di continuo e che al di là dei suoi confini non c'è che il vuoto. Ebbene, perché si sappia: io e Albert non la pensiamo così.
Per capire chi ha ragione vediamo che cosa si sa a tutt'oggi dell'Universo. Secondo la maggioranza degli addetti ai lavori, quindici miliardi di anni fa ci sarebbe stata una grandissima botta, nota a tutti come Big Bang, e a seguito di questa esplosione tutta la materia esistente nell'Universo si sarebbe espansa fino a raggiungere le attuali dimensioni.
E fin qui siamo tutti d'accordo. Dove, invece, cominciano ad affiorare i primi dubbi è quando Einstein aggiunge che "l'Universo è finito e curvo".
Esaminiamo un aggettivo per volta e cominciamo con la parola "finito". Nel IV secolo a.C. un filosofo di nome Archita disse: "Se, come voi dite, l'Universo è finito, immagino che debba avere un bordo e che io mi ci possa sedere sopra. Dopo di che vi chiederei: posso allungare un braccio? E dove va a finire questo braccio se l'Universo è finito?". Passano 2400 anni e Einstein risponde: "Caro Archita, mi spiace doverle comunicare che il suo braccio, nel momento in cui lei arriva sul bordo dell'Universo, scompare. Eh già, perché al di là dell'Universo non c'è il vuoto come lei crede, bensì il niente, e tra il vuoto e il niente la differenza è enorme".
Il vuoto, infatti, ha in più del niente almeno le quattro: dimensioni, e, precisamente, le tre relative allo spazio e la quarta relativa al tempo. Una stanza vuota, tanto per far un esempio, ha sempre un'altezza, una larghezza e una profondità, e anche se dentro non c'è nessuno ha comunque il tempo che passa, laddove il niente, poveraccio, non ha nemmeno quello: né le dimensioni né il tempo. Lui non esiste e basta, come peraltro dice la parola stessa.
Domanda dell'uomo della strada: "Ma se parto in una direzione qualsiasi e continuo a viaggiare con un razzo fino a raggiungere i confini dell'Universo, una volta arrivato sul posto, che faccio? Mi fermo o proseguo?".
Risposta di Einstein: "Giunto ai confini, non potrà fare più niente, in primo luogo perché sparisce, e in secondo luogo perché il tempo si ferma".
Tutte le galassie sono in viaggio verso i confini dell'Universo. La loro velocità, man mano che si avvicinano a bordi, aumenta sempre di più. Sennonché, a ogni aumento di velocità corrisponde un relativo rallentamento del tempo e una contemporanea contrazione della materia. Ragione per cui, quando si arriva alla velocità massima (quella della luce) il tempo si ferma e la materia scompare.
Detto in altre parole, il tempo è relativo alla velocità con cui ci si muove nello spazio (Teoria della Relatività) e più si va veloci, più il tempo rallenta. Quando si arriva alla velocità massima, non solo si fermano le lancette dell'orologio, ma sparisce anche l'orologio.
E ora passiamo al secondo concetto, quello di "curvo". Come è possibile che l'Universo sia curvo? Einstein risponde: "Una persona dalla vista eccezionale, guardando dritto davanti a sé, dovrebbe poter vedere la propria nuca". In questo caso, il fatto difficile da capire è che quello che è
inconcepibile in uno spazio a n dimensioni, diventa subito concepibile in uno spazio a n + 1 dimensioni (e a questo punto Albert aiutami tu, altrimenti mi perdo il lettore).
Supponiamo di essere tutti uomini a una sola dimensione e di vivere in un Universo anch'esso a una sola dimensione. Ognuno di noi, in questo caso, non sarebbe altro che un trattino. Giancarlo Magalli, in quanto basso, sarebbe un trattino più corto. Pippo Baudo, in quanto alto, un trattino più lungo. Il nostro Universo, poi, sarebbe semplicemente 'Una retta". A questo punto Baudo chiede a Magalli: «Giancarlo, ma, secondo te, l'universo è finito o infinito?».: certamente infinito» risponde tranquillo Magalli. «Anche perché, se finisse, ci sarebbe comunque un prolungamento che lo renderebbe infinito.»
—Nossignore» interviene Einstein (anch'egli un trattino), la retta di cui parlate, cioè l'Universo, non è una retta ma una circonferenza. Se uno di voi la percorresse per intero finirebbe col tornare al punto di partenza. L'Universo, quindi, non è infinito, ma finito, ed è finito proprio perché è curvo.»
- Una circonferenza?» chiede stupito Baudo. «E che cos'è una circonferenza?» E avrebbe ragione di chiederlo giacché lui, animale a una sola dimensione, non è capace di concepire una figura a due dimensioni come la circonferenza.
La stessa cosa accadrebbe se fossimo esseri a due dimensioni e vivessimo su un piano. In quel caso l'impossibilità del "curvo" e del "finito" nel piano, diventerebbe un fatto Possibile nella terza dimensione, ovvero nella sfera.
E così di seguito, per estrapolazione, dobbiamo poterci immaginare una figura a quattro dimensioni (le tre di sempre più quella del tempo) dove sia concepibile un universo Curvo e finito.
Lo so, è difficile: siamo animali a tre dimensioni e un universo a quattro non riusciamo proprio a immaginarcelo. Al massimo potremmo dire: "Se lo ha detto Einsteìn gli Crediamo sulla parola".

mercoledì 15 ottobre 2008

W il progresso

E' un venerdì pomeriggio e dopo una giornata di lavoro mi reco in tutta fretta verso la palestra per godermi due ore di sport rilassante.
E' una bella giornata di sole e per strada ci sono tanti anziani e tanti bambini. Due anziani in particolare mi colpiscono: passeggiano, barcollando, ma sempre mano nella mano.
Tutti gli altri hanno ciascuno una "badante" ovviamente straniera che li accompagna nella loro passeggiata. E' uno spettacolo triste,vedere come nella nostra società, evoluta, gli anziani sono affidati alle cure di persone estranee alla famiglia. Abbiamo inventato uno stile di vita che non ci permette di far loro compagnia negli ultimi anni della loro vita. W il progresso che ci costringe a mandar via di casa i bambini la mattina presto per rinchiuderli in un asilo già a pochi mesi. W il progresso che ci costringe a "gettare" via gli anziani, lasciandoli tutta la giornata con gente sconosciuta. Tutto ciò per avere cosa: più soldi? più tempo per noi? Non son trovare una risposta, la sola cosa bella di questa storia è l'immagine di quei due vecchietti che barcollando riescono ancora a tenersi per mano.

lunedì 6 ottobre 2008

L'entropia

Da persone bene informate ho saputo che quando Dio cacciò Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre, non si limitò a dire: "Tu uomo lavorerai con sudore e tu donna partorirai con dolore", ma aggiunse "e tutti e due sarete perseguitati dal secondo principio della termodinamica, ovvero dall l'entropia".
Ecco il principio: "Ogniqualvolta in natura la materia viene trasformata in energia, una buona parte di questa energia diventa non più utilizzabile e va ad aumentare il disordine che è già nell'ambiente. La misura del disordine prodotto si chiama entropia". E facciamo subito un esempio: quando trasformiamo il petrolio in energia cinetica per consentire a mio cugino di andare da Milano a Monfalcone, la maggior parte di questa energia si perde sotto forma di anidride carbonica e va a inquinare l'atmosfera. Ora, su si trattasse di mio cugino soltanto, pazienza, il guaio è che siamo in tanti a voler andare tutti i giorni da Milano a Monfalcone.
L'uomo, per migliorare le proprie condizioni di vita, ha inventato l'automobile, l'aeroplano, il frigorifero e tutto quello che, secondo lui, avrebbe potuto rendere più comodo e ordinato il suo mondo. Sennonché il disordine connesso a ognuna di queste scoperte è maggiore dell'ordine prodotto.

Se all'inizio nessuno ci ha fatto caso è perché il disordine è sempre stato esportato, o in altri Paesi (vedi Karin B), altre zone dell'atmosfera (vedi buco nell'ozono) o addirittura rimandato a epoche future (vedi scorie radioattive).
Per la legge dell'accrescimento dell'entropia» «ogni sistema in natura evolve spontaneamente da uno stato più ordinato a uno più disordinato. Facciamo due esempi: 1) Se lei lascia una tazza di tè bollente su un tavolo e si torna dopo un'ora, troveremo che il tè si sarà raffreddato, in quanto ha ceduto spontaneamente il calore all'ambiente. 2) Se versiamo in una tazza del caffé e del latte, le molecole dei due liquidi non resteranno separate, le une di fronte alle altre come due armate contrapposte, ma si mischieranno spontaneamente fino a formare il caffellatte.»
E questo cosa c'entra con l'entropia?»
C'entra, perché in entrambi i casi sarà aumentato il disordine.»
Insomma, il nostro mondo tende spontaneamente a omologarsi e a diventare sempre di più una massa uniforme. Ogniqualvolta una sostanza si sminuzza, finisce col mischiarsi con tutte le altre a creare un guazzabuglio indescrivibile. Il mondo non viene dal Caos, ma va verso il Caos. È come se io lasciassi mattina il mio guardaroba tutto in ordine e lo ritrovassi la sera con i calzini in mezzo alle cravatte, le mutande tra le giacche e così via. Per il secondo principio della termodinamica, infatti, il disordine è irreversibile: può aumentare ma mai diminuire.
Ciò premesso, possiamo immaginare fin da adesso cosa sarà la fine del mondo: l'Universo diventerà un unico, denso, uniforme cappuccino dove, non essendoci più nessuna diversità tra un punto e l'altro dello spazio (né di temperatura né di energia o di altro) non ci sarà nemmeno buon motivo per muoversi. In quell'attimo, non essendoci più il movimento non ci sarà nemmeno la vita.

Che fare tardare la fine del mondo? Muoversi quanto meno possibile, dicono i fisici, e questo lo avevano già capito indiani.
Tutto tende all'omologazione, non solo la materia ma anche il modo di comunicare, di vestirsi e il pensiero. Più passa il tempo e più diminuiscono le differenze tra gli esseri umani: spariscono i dialetti a favore dell'italiano spariscono le lingue (e con esse l'italiano) a favore dell'inglese.

D'altra parte, come non dare ragione ai paladini del progresso quando ci sbandierano i parametri dei loro successi: allungamento della vita media, diminuzione della mortalità infantile, epidemie debellate e via dicendo. A chi dobbiamo il fatto che oggi riusciamo a godere di un alto tenore di vita. Al progresso, ai concimi chimici, ai refrigeratori che conservano gli alimenti e ai Tir che li trasportano su e giù per l'Italia.
Ma allora tutti i discorsi di prima? L'entropia? Il disordine? Il secondo principio della termodinamica? La risposta: "Ottima è la misura, a noi il compito di trovarla".

giovedì 2 ottobre 2008

Il Barbecue inquina più dell'auto

Studio Usa: la maggior parte delle sostanze inquinanti deriva da gas organici.
Inizialmente non nocivi, si combinano nell'atmosfera con altre microparticelle.
Il barbecue inquina più dell'auto.

Attenzione ai veleni insospettabili.



LE ESALAZIONI della pittura con cui avete appena riverniciato il cancello, i fumi dell'arrosto del barbecue, il profumo fresco emanato dagli alberi: queste tre semplici percezioni hanno qualcosa in comune. Inquinano. E lo fanno sul serio, molto più dei gas di scarico delle automobili. Strano pensare che un albero rappresenti un danno per l'ambiente, eppure è così: a dirlo è uno studio dell'Università di Boulder, in Colorado, condotto dal ricercatore Kenneth Docherty, specializzato in chimica atmosferica. Docherty ha definito queste insospettabili fonti di inquinamento "secondary aerosols", e per studiarle ha analizzato alcuni campioni dell'aria di Riverside, una cittadina ad est di Los Angeles, famosa per avere un cielo piuttosto grigio. Il distinguo tra fonti di inquinamento di primo e secondo livello si basa sulla capacità delle particelle di combinarsi con altri elementi e cambiare composizione e pericolosità. Le sostanze che contengono carbonio, come il gas di scarico della macchina, sono considerate di primo livello, ma l'aria pullula di altre microparticelle che, pur inizialmente innocue, a contatto con altre reagiscono in modo dannoso. Gli stessi scienziati non sanno ancora quantificare il loro peso sull'inquinamento progressivo del pianeta. "Sono sicuro, però - spiega Docherty - che le emissioni secondarie inquinino più dei gas di scarico delle macchine. Purtroppo tutte le misure anti-inquinamento utilizzate finora non tengono conto di queste fonti e agiscono solo sulle primarie: ma le auto sono l'ultimo anello della catena di veleni che ammorba l'atmosfera".
I dati raccolti da Docherty e dai suoi colleghi nella cittadina californiana non lasciano dubbi: circa l'80% delle sostanze inquinanti che soffocano Riverside deriva da reazioni gassose, vale a dire da quei "secondary aerosols" prodotti da solventi, detersivi, dai profumi che usiamo la mattina per farci belli prima di andare a lavorare. Persino un'operazione banale come la pulitura a secco di un vestito produce gas di secondo livello, con gran delusione di tutti quelli che credono, risparmiando una lavatrice, di fare un favore all'ambiente. La loro incidenza è tale che persino nelle ore di punta del traffico, quando cioè il livello di inquinamento automobilistico raggiunge il picco più elevato, oltre la metà dell'aria è comunque contaminata da gas di fonti secondarie. Alcuni sono prodotti da materiali organici, quindi non immediatamente nocivi, ma capaci di combinarsi nell'atmosfera con altre microparticelle e formare cocktail inquinanti. Basti pensare a una grigliata o al profumo degli alberi, ma l'elenco può espandersi a tutti gli aromi prodotti quotidianamente dalla lavorazione di materiali naturali. Queste sostanze si chiamano propriamente "voc", composti organici volatili, perfetti per l'ossidazione. Hanno un diametro medio pari a 2,5 micron, meno di un decimo di quello di un capello umano. Una caratteristica che le rende ancora più pericolose, perché in grado di insinuarsi nei polmoni in modo soffocante, provocando asma e altri disturbi respiratori. Test simili erano già stati condotti nel 2002 a Città del Messico e nel 2006 a Pittsburgh, con risultati analoghi. E' la prima volta, però, che gli scienziati riscontrano nell'aria una percentuale così alta di queste sostanze. Lo scarico delle automobili non sarà certo una boccata d'aria pulita, ma non è l'unico responsabile del nostro cielo grigio.