giovedì 23 agosto 2007

In che mondo viviamo

di JOHN LLOYD
Salviamo Pegah dalla lapidazione"
LAPIDARE un uomo o una donna fino a farli morire può richiedere molto tempo, specialmente se coloro che scagliano le pietre desiderano di proposito prolungarne l'agonia. Il colpo di grazia alla testa, in grado di portare a uno stato di incoscienza o alla morte, può farsi attendere anche un'ora, mentre le pietre di piccole dimensioni che provocano contusioni sono rimpiazzate poco alla volta da pietre di dimensioni maggiori in grado di frantumare gli arti. Soltanto quando il corpo è in agonia in ogni sua parte può sopraggiungere la morte. Questa è la sorte che potrebbe attendere Pegah Emambakhsh, una donna iraniana di quaranta anni, il cui crimine è quello di essere lesbica. Pegah Emambakhsh ha trovato rifugio nel Regno Unito nel 2005, in seguito all'arresto, alla tortura e alla condanna a morte per lapidazione della sua partner sessuale (non è chiaro, ad ogni buon conto, se la sentenza è stata eseguita o lo sarà in futuro). La sua domanda di asilo però è stata respinta: secondo l'Asylum Seeker Support Initiative di Sheffield, dove Pegah si trova rinchiusa in un centro di detenzione, quando le è stato chiesto di fornire le prove della sua omosessualità e lei non ha potuto farlo, le è stato riferito che doveva essere deportata. L'estradizione, che doveva avvenire oggi, all'ultimo momento è stata rinviata al 28 agosto: alla fine del mese potrebbe essere già morta. La Repubblica Islamica Iraniana, si legge in un recente rapporto, è "più omofobica di qualsiasi altro paese al mondo o quasi. La tortura e la condanna a morte di lesbiche, gay e bisessuali, caldeggiate dal governo e contemplate dalla religione, fanno sì che l'Iran sembri agire in barba a tutte le convenzioni sottoscritte a livello internazionale in tema di diritti umani".

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Credo che se una persona, al di là del suo credo, dei suoi costumi e pensieri politici, viva la sua vita senza ledere la libertà altrui, debba essere lasciata libera di vivere la propria vita.
Cambiare queste cose, ed in breve tempo, è molto difficile. Per una che finisce bene, ce ne sono mille che finiscono male. Ciò non toglie che sia inutile provare. Anzi, ciò deve essere di stimolo.
Credo che innanzitutto, per cambiare il mondo, occorra cominciare a cambiare noi stessi, nel nostro piccolo vivere quotidiano.
Saluti

Nicola Celiberto ha detto...

La religione in questo caso limita, anzi impedisce, la vita di una persona.
E' sempre così o è sempre l'uomo che interpreta male?

Anonimo ha detto...

La difficoltà sta proprio nel cambiare noi stessi. Se riusciamo tutti in questo avremo un bel mondo. Sono d'accordo con te gm.

Anonimo ha detto...

Penso che la religione disseti il bisogno di infinito che l’uomo porta con se.
Quando la religione, nell’aspetto più umano e quotidiano, diventa un codice sterile di leggi e comportamenti, allora fallisce il suo obiettivo più alto.
L’uomo è capace di azioni orribili, ma anche di enormi slanci di altruismo.
Sta prima di tutto a noi, scegliere cosa fare nella nostra vita e come comportarci.
Porsi dei dubbi non può essere uno stile di vita, ma l’assenza di dubbi è sinonimo di stupidità e rigidità mentale.
ANAM