martedì 21 ottobre 2008

Scusi, posso sedermi sui bordi dell'Universo?

Sulla rivista britannica "Nature" si legge che la Teoria della Relatività di Einstein sarebbe sbagliata. Non è vero, precisa l'astronomo Tom Shanks, che l'Universo è curvo e finito. È vero, al contrario, che si espande di continuo e che al di là dei suoi confini non c'è che il vuoto. Ebbene, perché si sappia: io e Albert non la pensiamo così.
Per capire chi ha ragione vediamo che cosa si sa a tutt'oggi dell'Universo. Secondo la maggioranza degli addetti ai lavori, quindici miliardi di anni fa ci sarebbe stata una grandissima botta, nota a tutti come Big Bang, e a seguito di questa esplosione tutta la materia esistente nell'Universo si sarebbe espansa fino a raggiungere le attuali dimensioni.
E fin qui siamo tutti d'accordo. Dove, invece, cominciano ad affiorare i primi dubbi è quando Einstein aggiunge che "l'Universo è finito e curvo".
Esaminiamo un aggettivo per volta e cominciamo con la parola "finito". Nel IV secolo a.C. un filosofo di nome Archita disse: "Se, come voi dite, l'Universo è finito, immagino che debba avere un bordo e che io mi ci possa sedere sopra. Dopo di che vi chiederei: posso allungare un braccio? E dove va a finire questo braccio se l'Universo è finito?". Passano 2400 anni e Einstein risponde: "Caro Archita, mi spiace doverle comunicare che il suo braccio, nel momento in cui lei arriva sul bordo dell'Universo, scompare. Eh già, perché al di là dell'Universo non c'è il vuoto come lei crede, bensì il niente, e tra il vuoto e il niente la differenza è enorme".
Il vuoto, infatti, ha in più del niente almeno le quattro: dimensioni, e, precisamente, le tre relative allo spazio e la quarta relativa al tempo. Una stanza vuota, tanto per far un esempio, ha sempre un'altezza, una larghezza e una profondità, e anche se dentro non c'è nessuno ha comunque il tempo che passa, laddove il niente, poveraccio, non ha nemmeno quello: né le dimensioni né il tempo. Lui non esiste e basta, come peraltro dice la parola stessa.
Domanda dell'uomo della strada: "Ma se parto in una direzione qualsiasi e continuo a viaggiare con un razzo fino a raggiungere i confini dell'Universo, una volta arrivato sul posto, che faccio? Mi fermo o proseguo?".
Risposta di Einstein: "Giunto ai confini, non potrà fare più niente, in primo luogo perché sparisce, e in secondo luogo perché il tempo si ferma".
Tutte le galassie sono in viaggio verso i confini dell'Universo. La loro velocità, man mano che si avvicinano a bordi, aumenta sempre di più. Sennonché, a ogni aumento di velocità corrisponde un relativo rallentamento del tempo e una contemporanea contrazione della materia. Ragione per cui, quando si arriva alla velocità massima (quella della luce) il tempo si ferma e la materia scompare.
Detto in altre parole, il tempo è relativo alla velocità con cui ci si muove nello spazio (Teoria della Relatività) e più si va veloci, più il tempo rallenta. Quando si arriva alla velocità massima, non solo si fermano le lancette dell'orologio, ma sparisce anche l'orologio.
E ora passiamo al secondo concetto, quello di "curvo". Come è possibile che l'Universo sia curvo? Einstein risponde: "Una persona dalla vista eccezionale, guardando dritto davanti a sé, dovrebbe poter vedere la propria nuca". In questo caso, il fatto difficile da capire è che quello che è
inconcepibile in uno spazio a n dimensioni, diventa subito concepibile in uno spazio a n + 1 dimensioni (e a questo punto Albert aiutami tu, altrimenti mi perdo il lettore).
Supponiamo di essere tutti uomini a una sola dimensione e di vivere in un Universo anch'esso a una sola dimensione. Ognuno di noi, in questo caso, non sarebbe altro che un trattino. Giancarlo Magalli, in quanto basso, sarebbe un trattino più corto. Pippo Baudo, in quanto alto, un trattino più lungo. Il nostro Universo, poi, sarebbe semplicemente 'Una retta". A questo punto Baudo chiede a Magalli: «Giancarlo, ma, secondo te, l'universo è finito o infinito?».: certamente infinito» risponde tranquillo Magalli. «Anche perché, se finisse, ci sarebbe comunque un prolungamento che lo renderebbe infinito.»
—Nossignore» interviene Einstein (anch'egli un trattino), la retta di cui parlate, cioè l'Universo, non è una retta ma una circonferenza. Se uno di voi la percorresse per intero finirebbe col tornare al punto di partenza. L'Universo, quindi, non è infinito, ma finito, ed è finito proprio perché è curvo.»
- Una circonferenza?» chiede stupito Baudo. «E che cos'è una circonferenza?» E avrebbe ragione di chiederlo giacché lui, animale a una sola dimensione, non è capace di concepire una figura a due dimensioni come la circonferenza.
La stessa cosa accadrebbe se fossimo esseri a due dimensioni e vivessimo su un piano. In quel caso l'impossibilità del "curvo" e del "finito" nel piano, diventerebbe un fatto Possibile nella terza dimensione, ovvero nella sfera.
E così di seguito, per estrapolazione, dobbiamo poterci immaginare una figura a quattro dimensioni (le tre di sempre più quella del tempo) dove sia concepibile un universo Curvo e finito.
Lo so, è difficile: siamo animali a tre dimensioni e un universo a quattro non riusciamo proprio a immaginarcelo. Al massimo potremmo dire: "Se lo ha detto Einsteìn gli Crediamo sulla parola".

1 commento:

Anonimo ha detto...

Molto bello il post.
Tecnico ma efficace.
Complimenti.
Veramente interessante.
Io ho un’idea tutta mia dell’universo perché in fondo i confini del “nostro” universo sono i nostri limiti: ed ognuno ha i suoi.
C’è stato un periodo nel quale mi sono seduta sul bordo del mio universo.
E li, ho perso le parole: le avevo lì, una scusa, un sorriso. Erano parole che avevo sotto mano e poi le ho perse. Forse loro hanno perso me. O forse ho perso le mie piccole bugie ed è rimasta solo la verità. La dura verità, perchè la verità è sempre dura, non fosse altro per il fatto che è ben definita e ha una netta demarcazione: o sei di qua o sei di là.
Ognuno ha il momento in cui si mette seduto sul bordo del proprio universo.
Per me è stato un amore finito, ed al quale entrambi avevamo dato tanto.
Per un mio amico è stato un brutto incidente e la perdita di una persona cara in giovane età, (ed un bel pezzo del suo cuore).
Ognuno ha il suo. Un lutto. Un amore finito. Una scelta sbagliata. Un’amicizia finita. Un grosso problema sul lavoro, o in famiglia. Oppure una felicità improvvisa e grande, che ti fa chiedere se te la meriti. Un fatto importante che ti ferma e ti fa riflettere.
All’improvviso non hai più le parole.

Quando è successo a me dovevo avere un’aria da idiota. Mi sentivo così sola da provare panico, eppure avevo con me altre persone.
Ho cominciato a guardarmi dentro e quello che ho visto non mi piaceva. Avevo due possibilità: prendere o lasciare. Accettare o rifiutare.
Accettare che era andata così, che gli errori fatti potevo in fondo continuare a farli. Poteva bastarmi quello che avevo.
Rifiutare e andare oltre, mettendomi in discussione.
Ho scelto di andare oltre. Mi sono alzata e mi sono diretta oltre il confine del mio universo.
Una persona mi ha teso la mano e mi ha detto che ero stata lontano troppo tempo, che mi ero persa; mancavo a me stessa ma anche alle persone che mi volevano bene.
Non sapeva indicarmi una via, e non voleva che lo seguissi, mi ha solo detto quello che vedeva lui.
Mancavo anche a lui, e per questo all’inizio ho pensato che avesse altri interessi oltre l’amicizia, ma poi mi sono accorta che sbagliavo.
Ho capito che il cielo è leggero, ma non è vuoto.
Era ora di crederci un po’ di più.
Era ora di ritrovare il mio pensiero.
Ho perso delle cose, delle persone. E mi rendo conto adesso che erano vuoti a perdere, che erano occasionalità e non continuità sincera.
E nel mio viaggio, ho trovato nuove persone che avevano preso la stessa mia decisione: non quella di sopravvivere, ma quella di vivere.
Quella di amare e perdere, piuttosto che vincere e non aver amato mai.
Quella di sperare, invece di sparire.
Quella di avere il fiato per difendere le proprie sensazioni, ma anche di chiedere scusa se si sbaglia.
Quella di poter chiedere come va il viaggio lì con te, e non aver paura di rispondere.
Quella di poter dire ad una persona ti voglio bene dritto negli occhi, con amichevole affetto.
Ci sono nuovi gesti, e non parole, che mi accompagnano. Pochi rispondono, perché la risposta vuol dire mettersi in discussione.
Ed è pericoloso mettere a nudo i propri sentimenti, per sinceri e disinteressati che siano. Fidarsi ed aprirsi. Perché la persona con la quale ti apri è costretta a guardarsi dentro e confrontarsi e può avere paura di se stessa, e di rendersi conto, per esempio, che quello che aveva davanti era più di quello che aveva già.
Adesso ho ancora il fiato di sbagliare ed amare, anche chi sbaglia con me, di fermarmi e guardarmi intorno per farmi trovare da chi mi vuole.
Farmi trovare qui da me, in questi miei occhi, che sono il mio pensiero ed accesso al mio universo.
Non sono più seduta sul bordo del mio universo: ci sono dentro.
Ci ho messo il cuore, ed ho provato a sentire. Per fare questo, occorre non nascondersi a nessuno, prima di tutto a se stessi.

Sono stata lunga. Troppo. Ma è tempo di consuntivi.
Vi faccio tanti auguri di Buon Natale e di un Nuovo Anno vero.
Un bacio grande.
Anam